Lo sport nei cardiopatici

Lo sport fa bene al cuore, anche nei cardiopatici: i risultati da un importante studio clinico condotto su più di 400 mila persone.
Che lo sport faccia bene al cuore e al sistema cardiovascolare indipendentemente dall’età se svolto senza esagerazione non è di certo una novità. Tuttavia, se da un lato l’attività fisica viene promossa e ritenuta un fattore protettivo per le principali patologie cardiache nei soggetti sani, molte meno sono le evidenze sui benefici in chi soffre già di problemi di cuore e vascolari. Nuove risposte arrivano da un importante studio pubblicato nel settembre del 2019 sul Giornale Europeo di Cardiologia (European Heart Journal). Lo scopo dello studio dal titolo “Riduzione della mortalità indotta dall’attività fisica in pazienti con e senza patologie cardiovascolari” è stato quello di valutare il diverso impatto dell’attività fisica nell’ambito della prevenzione primaria, ovvero in soggetti senza precedenti patologie cardiache, e della prevenzione secondaria, ovvero in pazienti già cardiopatici.
Lo screening iniziato nel 2009 e durato quasi 6 anni ha arruolato complessivamente oltre 440 mila adulti di mezza età. Ai soggetti parte dello studio veniva chiesto quanto tempo dedicassero settimanalmente allo sport, e tale quantità espressa in minuti veniva convertita in equivalenti metabolici o METs, unità che stima la quantità di energia spesa durante l’attività fisica. Tale informazione è stata poi messa in relazione con il numero di decessi avvenuti al termine dello studio. Il confronto ha evidenziato una relazione inversa tra la quantità di attività fisica e la mortalità in entrambi i gruppi, come atteso. Ma soprattutto, il beneficio è risultato essere doppio nel gruppo di pazienti già affetti da patologie cardiache: svolgendo un’attività moderata per circa 150 minuti alla settimana, la riduzione del rischio di mortalità in questo gruppo è stato infatti del 14%, rispetto al 7% di riduzione del rischio osservato nei soggetti sani che svolgevano una quantità paragonabile di attività fisica. Come noto, dunque, lo sport aiuta a tenere sotto controllo la pressione arteriosa, la glicemia e i livelli di colesterolo nel sangue, e in questo modo riduce la mortalità da tutte le cause ed in particolare quella associata a patologie cardiovascolari. In termini di prevenzione secondaria, anche la riduzione dei livelli di infiammazione (solitamente più elevati in chi ha già sofferto di patologie cardiovascolari) potrebbe essere utile a ridurre il numero di secondi eventi e la mortalità.
A prescindere dai benefici, lo studio ha senz’altro dimostrato una minore propensione a fare sport in soggetti che avevano avuto infarto del miocardio, ictus o scompenso cardiaco, forse per il timore che il proprio apparato cardiocircolatorio non sia in grado di reggere l’urto dell’attività fisica. Grazie ai dati sopraelencati, oggi sappiamo quindi che anche soggetti cardiopatici possono (e anzi dovrebbero) praticare attività fisica regolarmente. Un’attività fisica moderata come camminate veloci, passeggiate in bicicletta, acqua gym, danza e giardinaggio, svolta per almeno 150 minuti a settimana, hanno un ruolo fondamentale nella prevenzione di un secondo evento cardiovascolare, al pari dell’astensione dal fumo e di una dieta corretta.
Chiaramente, prima di iniziare un programma di attività fisica regolare, il paziente cardiopatico dovrà consultare il proprio cardiologo di fiducia. Secondo la Società Europea di Cardiologia e l’Associazione Europea per la Prevenzione e Riabilitazione Cardiovascolare, i parametri da valutare sono la funzione ventricolare sinistra, la pressione arteriosa polmonare, il diametro dell’aorta, la saturazione arteriosa di ossigeno, e la presenza eventuale di aritmie.
In base ai valori riportati, il vostro cardiologo di fiducia in CardioMed saprà indicarvi l’allenamento e i livelli di intensità più appropriati per la salute del vostro cuore.